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Messina: La batteria costiera Margottini

di Armando Donato Mozer
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La batteria costiera Margottini

Nel contesto difensivo dell’area dello stretto di Messina, ampiamente e attivamente utilizzato durante il secondo conflitto mondiale, la batteria costiera Margottini da 152 mm, rappresenta un efficace esempio di opera moderna, di sicuro interesse tecnico storico per veri appassionati e studiosi del settore.

Eretta nel 1941 a cura dalla Direzione del Genio Militare per la R. Marina, la batteria sorge al limite meridionale dell’allora Piazza R.M di Messina/Reggio, a pochi chilometri a sud della città, sulla sommità del Capo di Alì (Comune di Alì), altrimenti detto Capo Grosso, in posizione strategica tra i 150 e i 100 metri circa di quota, con orientamento est-sud-est a controllo dunque dell’ingresso meridionale dello stretto, interfacciata dalla batteria di pari potenza Conteduca (Pellaro, RC).

L’opera intitolata al C.V. Carlo Margottini, comandante di squadriglia di cacciatorpediniere (con insegne di comando sull’Artigliere), veterano di guerra che prestò servizio anche nelle basi di Messina e Augusta, caduto in azione nell’ottobre del 1940 contro navi inglesi presso Capo Passero (SR)  e decorato di Oro al VM alla memoria.

La batteria si compone di tre piazzole per impianti principali da 152/50 V 909 scudati su piedistallo in piattaforma girevole, più una quarta per 120 mm utile al tiro illuminante (che non escludeva l’uso del proiettore). Le piazzole sono tutte dotate di riservetta munizioni di pronto impiego in locale ipogeo, le quali salvo per il pezzo illuminante, presentano tre nicchie senza i vani per la conservazione dei cartocci, in quanto i pezzi sparavano direttamente granate in bossolo. La gestione dell’armamento della batteria era a cura del personale della VI^ Legione Milmart  alla quale spettava la cura della maggior parte delle installazioni entro i confini della Piazzaforte. Tuttavia erano presenti anche reparti dell’esercito e della milizia con incarichi e funzioni varie.

La batteria sorge su un vasto promontorio, e a fronte dei settanta anni di età, quasi tutti trascorsi nell’abbandono, si presenta in eccellente stato di conservazione in tutti i suoi elementi, spesso sorprendentemente ancora al loro posto.

La disposizione delle piazzole è tipicamente scalata in quota per facilitare il telemetraggio e la resa del goniometro, con la stazione di direzione del tiro dislocata in posizione arretrata ed elevata, in modo da dominare l’intero schieramento di artiglieria. L’ingresso  è ancora sorvegliato della garitta, seguita più all’interno dall’edificio del corpo di guardia, superato il quale si individua il manufatto della stazione di direzione tiro, oggi abitazione privata ma sostanzialmente ancora leggibile. Sotto la direzione tiro (circa 150 m di quota) si appalesa lo schieramento di artiglieria con le quattro piazzole che per ubicazione e morfologia dell’area, ricordano la prua di una nave. Superato il locale in caverna verosimilmente utile al ricovero del materiale non di pronto uso, ci si imbatte nella prima piazzola (quota 140 m) per il tiro illuminante, ancora dotata della piastra circolare con perni prigionieri (tutte le piazzole, in modo del tutto unico conservano ancora le piastre con i perni e i bulloni al loro posto), riconoscibile poiché di dimensioni e caratteristiche diverse rispetto a quelle per 152 mm. Rimanendo al livello della prima piazzola ma poco più nord, si trovano i resti di quello che era un imponente monumento ornato con lo stemma sabaudo e l’aquila fascista sulla sommità, abbattuto dopo l’abbandono della batteria. Accanto ai resti vi è un trinceramento trasversale alla linea della costa, che culmina a monte con un secondo ingrottamento, inaccessibile per via delle vegetazione infestante.

Procedendo alla stessa quota verso l’estremità nord dell’area, in zona defilata, ci si imbatte in  un manufatto di servizio, sovrastato dalla imponente struttura degli alloggi del personale impiegato nella batteria.

Ritornando verso lo schieramento e scendendo di qualche metro, si accede alla secondo piazzola (la prima da 152 mm), perfettamente integra e con all’interno della riservetta ancora visibili i motti della Milmart  (d’acciaio i cuori come i cannoni). Discendendo di quota si procede verso le ultime due piazzole; la penultima conserva sui muri interni varie iscrizioni e disegni d’epoca L’ultima installazione (a quota di circa 105 m) è dotata anche di ingresso trincerato che conduce direttamente dalla piazzola alla riservetta. Immediatamente sotto l’ultima piazzola quasi a precipizio sul mare, si trova invece la piccola postazione di vedetta in parte intatta.

Il munizionamento della batteria era assicurato dal vasto deposito munizioni scavato all’interno del capo di Ali, perfettamente integro, mentre l’area circostante era sorvegliata da varie postazioni circolari monoarma ancora ben visibili sulla spiaggia sottostante.
La batteria Margottini partecipò alla difesa costiera durante il secondo conflitto mondiale. Le carte indicano la presenza  di altre batterie nella stessa zona, visitate nel maggio 43 dal neo comandante della VI^ armata gen. Guzzoni.

Il 15 agosto la batteria si trovava all’interno della seconda linea di evacuazione italotedesca – Santa Teresa di Riva - Barcellona PG; ciò lascia pensare che essa fosse già da qualche giorno stata abbandonata, quindi prima dell’ordine del comandante della VI legione Milmart console Tomasello (giorno 16 mattina). Anche perché tra le 3 e le 8 di mattina del 16 agosto, nella spiaggia  sottostante la batteria, tra Capo di Alì e Capo Scaletta, sbarcarono a più riprese alcuni reparti inglesi con l’obiettivo di aggirare le difese nemiche, tagliando la via verso Messina. Le operazioni di sbarco furono però contrastate dalle artiglierie nemiche sistemate più a nord, che non permisero di avanzare oltre, per via anche delle demolizioni e dei campi minati precedentemente sistemati.  Solo tra il 16 il 17 le truppe inglesi riuscirono a muovere verso Messina con molta circospezione, eliminando gli ostacoli via via incontrati lungo il tragitto. Questi ritardi permisero alla VII armata americana di arrivare a Messina prima della VIII armata inglese, al contrario di quanto previsto dal piano Husky, il cui successo fu parziale poiché l’obiettivo di chiudere il nemico sull’isola a Messina di fatto non riuscì, ed era dunque necessario riprogrammare le operazioni di inseguimento del nemico sbarcando sul continente (OP. Baytown) nel mese di settembre.

Margottini così come le tante altre installazioni edificate a Messina tra gli anni 30 e 40 del Novecento, e fortunatamente ancora integre nonostante il disinteresse generale, rappresenta l’ultimo sistema difensivo eretto in sostituzione di quelli precedenti e testimonia un periodo bellico importante vissuto da Messina come protagonista.

Un ringraziamento speciale a Gianpiero Vaccaro e a Franz Riccobono

Armando Donato M

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